1. مصعب بن عمير – Mus’ab ibn ‘Umayr
“Coloro che obbediscono ad Allah e al Suo Messaggero saranno tra quelli che Allah ha colmato della Sua grazia: Profeti, uomini di verità, martiri, gente del bene; che ottima compagnia!”
(Il Corano, Sûrah an-Nisâ, IV, 69)
Ma io amo Dio e il Suo Profeta disse qualcuno chiedendo di un luogo nell ‘Aldilà. “Tu sarai con chi ami “, rispose il nobile Profeta.
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Musð ab ibn ‘Umayr
Mus’ab ibn ‘Umayr nacque e crebbe nell’abbondanza e nel lusso. I suoi agiati genitori lo colmarono di cure e attenzioni. Era solito indossare i vestiti più costosi e le migliori calzature yemenite, le più eleganti del suo tempo.
In gioventù era ammirato dai Coreisciti l non solo per l’aspetto piacente, ma anche per 1a sua intelligenza. La distinzione del portamento e l’acutezza della mente gli avevano accattivato la benevolenza della nobiltà meccana tra cui si muoveva con disinvoltura.
Nonostante la giovane età, godeva del privilegio di presenziare alle riunioni e agli incontri dei Coreisciti, Era così in grado di conoscere le questioni discusse dai Meccani e le loro attitudini e strategie.
Tra i Meccani grande clamore e preoccupazione aveva suscitato Muhammad, noto come al-Amîn (il degno di fede), allorquando questi aveva proclamato di essere stato inviato da Dio per recare una buona notizia e un avvertimento. Aveva infatti ammonito i Coreisciti del terribile castigo che li attendeva qualora non si fossero volti all’adorazione e all’obbedienza a Dio e della ricompensa divina per i giusti. L’intera Mecca risuonava dei commenti a tali affermazioni. I corrotti capi Coreisciti escogitarono vari stratagemmi per ridurre al silenzio Muhammad. Rivelatisi vani il ridicolo e la persuasione, fu intrapresa una campagna di vessazione e persecuzione.
A Mus’ab era giunta voce che Muhammad e coloro che avevano accettato il suo Messaggio erano soliti riunirsi nella casa di alArqarn, nei pressi della collina di as-Safa, per sfuggire alle molestie dei Coreisciti. Spinto dalla curiosità, Mus’ab si incamminò verso la casa incurante dell’ostilità dei Coreisciti. Al momento dell’incontro, il Profeta, dopo aver insegnato al suo piccolo gruppo di Compagni
I Coreisciti erano i membri delta tribù dominante alla Mecca. Il termine ha il significato di ‘squaletti “.
alcuni versetti del Corano, stava eseguendo insieme a loro la preghiera (Salât[1] ) in sottomissione a Dio, il Grande, l’Altissimo.
Il Profeta (pbsl) accolse quindi Mus’ab e con la mano gli toccò il cuore in subbuglio per l’emozione, al che un profondo senso di tranquillità lo pervase.
Mus’ab era completamente sopraffatto da quanto aveva visto e udito. Le parole del Corano avevano immediatamente prodotto una profonda impressione su di lui.
Al suo primo incontro con il Profeta, il giovane e risoluto Mus’ab dichiarò la sua accettazione dell’Islam. Fu un momento storico. La mente acuta di Mus’ab, la sua tenace volontà e determinazione, la sua eloquenza e Io splendido carattere erano ora al servizio dell’Islam ed erano destinati a mutare il corso degli eventi e della storia.
Nell’accettare l’Islam Mus’ab nutriva un’unica apprensione: sua madre, Khunnas bint Malik. Questi era una donna di straordinario potere. Dotata di una personalità dominante, era in grado di incutere agevolmente paura e terrore. Allorquando Mus’ab divenne musulmano, il solo potere sulla terra capace di intimorirlo era sua madre. Tutti i potenti nobili di Mecca e il loro attaccamento a pratiche e tradizioni pagane non avevano alcuna importanza per lui. L’ostilità di sua madre, tuttavia, non poteva essere considerata con leggerezza.
Mus’ab considerò rapidamente la situazione e decise di celare la sua accettazione dell’Islam fino al momento in cui non fosse giunta una soluzione da Dio. Continuò a frequentare la Casa di al-Arqam e a sedere in compagnia del Profeta. Sereno nella sua nuova fede tacendo la sua decisione, riuscì ad evitare l’ira della madre, ma non per molto.
A Mecca, in quei giorni, era difficile mantenere a lungo un segreto. Gli occhi e le orecchie dei Coreisciti erano in ogni angolo della città. Dietro ad ogni impronta impressa nella sabbia bruciante si celava un informatore coreiscita,
Ben presto Mus’ab fu visto entrare nella casa di al-Arqam da un uomo chiamato ‘Uthman ibn Talhah, il quale, non molto tempo
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dopo, lo vide pregare nella stessa maniera di Muhammad. La conclusione era ovvia.
Simile a un vento nella tempesta, la devastante notizia dell’accettazione dell’Islam da parte di Mus’ab si sparse tra i Coreisciti per giungere infine all’orecchio della genitrice.
Mus’ab dovette quindi dare conto alla madre, al suo clan e alla nobiltà dei Coreisciti, i quali si erano riuniti per conoscere ciò che aveva fatto e la sua posizione a riguardo.
Con umiltà e calma fiducia, Mus’ab riconobbe di essere diventato musulmano e spiegò le ragioni della sua scelta. Recitò quindi alcuni versetti del Corano — versetti che ebbero l’effetto di purificare i cuori dei credenti riconducendoli alla religione naturale di Dio. Sebbene scarsi di numero, i loro cuori furono inondati di sapienza, onore, giustizia e coraggio.
La madre di Mus’ab, ascoltando le parole di quel figlio cui aveva prodigato tanta cura e affetto, s’infiammò d’ira. Pensò quindi di azzittirlo battendolo con violenza. Ma la mano tesa a colpirlo come una freccia vacillò e si perdette di fronte alla luce irradiantesi dal volto sereno di Mus’ab. Forse fu il suo amore materno a trattenerla dal colpirlo, sentì tuttavia di dover fare qualcosa per vendicare quegli dèi che suo figlio aveva abbandonato, La soluzione cui si decise fu molto peggiore per Mus’ab di una qualche percossa. Ella ordinò infatti che Mus’ab fosse condotto in un angolo remoto della casa. Là venne confinato e legato strettamente, divenendo quindi un prigioniero nella sua propria casa.
Per lungo tempo Mus’ab rimase relegato sotto l’occhio vigile delle guardie che la madre gli aveva assegnato al fine di prevenire ogni ulteriore contatto con Muhammad e la sua fede. Sottoposto a questa prova, Mus’ab non vacillò, conscio del fatto che altri musulmani erano molestati e torturati dagli idolatri. Per lui, come per molti altri correligionari, la vita alla Mecca era divenuta sempre più intollerabile. Infine fu informato che un gruppo di musulmani si stava segretamente preparando a emigrare in Abissinia per cercare rifugio e protezione. Il suo pensiero fu quindi rivolto a trovare una via di fuga dalla prigione per unirsi ad essi. Alla prima occasione, approfittando di una temporanea distrazione della madre e dei carcerieri, Mus’ab riuscì a darsi quietamente alla fuga. Raggiunti precipitosamente gli altri emigranti, salpò dalla riva del Mar Rosso diretto in Africa.
Per quanto nella terra del Negus godessero di pace e sicurezza, ben presto i rifugiati sentirono il desiderio di fare ritorno a Mecca per beneficiare della compagnia del nobile Profeta. Cosicché, quando in Abissinia giunse voce che le condizioni dei musulmani a Mecca erano migliorate, Mus’ab fu tra i primi a decidere di tornare. La notizia si rivelò ben presto falsa e Mus’ab ancora una volta salpò per l’Abissinia.
Sia a Mecca che in Abissinia Mus’ab si dimostrò tenace nella sua nuova fede, desideroso di conformare la sua vita al volere del suo S-reatore.
Rientrato a Mecca, sua madre fece l’ultimo tentativo di :ontrollarlo, minacciando di segregarlo ancora. Mus’ab giurò allora the in tal caso avrebbe ucciso chiunque le avesse prestato aiuto. La madre, consapevole della ferrea determinazione dimostrata da Mus’ab, comprese che tale minaccia era reale.
Non restava quindi che separarsi. Quando giunse il momento, ana grande tristezza s’impossessò di entrambi, per quanto ciò non :nutò la forte determinazione della madre a permanere nella niscredenza e l’ancor più grande risolutezza e fede del figlio. Nell’estrometterlo dalla casa, escludendolo da tutti quegli agi nateriali che era usa prodigargli, ella disse: “Vattene per la tua ;trada. Non sono disposta ad essere una madre per te’
Mus’ab si avvicinò e le disse: “Madre, ti voglio dare un :onsiglio sincero. Sono preoccupato per te. Testimonia che non vi è iio se non Allâh e che Muhammad è il Suo Servo e Messaggero’ .
“Giuro per le stelle cadenti, che non entrerò nella tua religione leppure se la mia opinione fosse coperta di ridicolo e la mia mente lenisse meno
Mus’ab abbandonò quindi la casa materna e il lusso e gli agi di aveva goduto. D’ora innanzi, il giovane elegante e ben vestito ;arebbe apparso nelle vesti più grezze e dozzinali. Ora ben altre cose stavano a cuore. Era determinato a spendere il suo talento e le sue per conoscere e servire Dio e il Suo Profeta.
Un giorno, alcuni anni dopo, Mus’ab si riunì a un gruppo di nusulmani seduti in circolo attorno al Profeta, che Allah lo benedica gli conceda la pace. Questi, alla vista di Mus’ab, chinarono il capo e lbbassarono lo sguardo, alcuni mossi alle lacrime. Ciò perché il suo albab era talmente vecchio e a brandelli da riportare alla mente per :ontrasto i giorni precedenti alla sua accettazione dell’Islam, quando
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era un modello di eleganza sartoriale. Il Profeta, posato lo sguardo su Mus’ab, sorrise e disse: “Ho visto questo Mus’ab insieme ai suoi genitori a Mecca, i quali gli prodigavano ogni cura e attenzione concedendogli ogni comodità. Nessun giovane coreiscita era come lui. Poi abbandonò tutto per soddisfare Dio e votarsi al servizio del Suo Profeta”.
Il Profeta (pbsl) aggiunse quindi: “Giungerà un tempo in cui Dio vi concederà la vittoria sopra la Persia e Bisanzio. Avrete allora un vestito per il mattino e un altro per la sera e mangerete da un piatto al mattino e da un altro alla sera”
In altre parole, il Profeta (pbsl) predisse che i musulmani sarebbero diventati ricchi e potenti e avrebbero acquisito beni materiali in abbondanza. I compagni chiesero quindi al Profeta: “O Messaggero di Dio, la nostra situazione è migliore adesso o sarà tale allora?
Egli rispose: “Siete in una situazione migliore adesso di quanto lo sarete allora. Se aveste una conoscenza del mondo pari alla mia certo non vi preoccupereste molto di esso
In un’altra occasione, il Profeta, rivolgendosi ai suoi Compagni in maniera simile, chiese loro come si sarebbero comportati se avessero potuto avere un vestito per il giorno e un altro per la sera e materiale a sufficienza per ricoprire le loro case di drappi come la Ka’bah. I Compagni risposero che la loro situazione sarebbe stata migliore in quanto avrebbero avuto sufficiente sostentamento e tempo libero da dedicare alla ‘ibâdah (adorazione). Il Profeta, tuttavia, rispose che la loro attuale condizione era indubbiamente migliore.
Dopo circa dieci anni spesi a invitare la gente all’Islam, la maggioranza dei Meccani permaneva tuttavia ostile. Il nobile Profeta (pbsl) si recò allora a Tâ’if alla ricerca di nuovi aderenti alla sua fede, ma fu rifiutato ed espulso dalla città. Il futuro dell’Islam appariva fosco.
Fu all’indomani di questo evento che il Profeta scelse Mus ab quale suo “ambasciatore” a Yathrib con il compito di insegnare a un piccolo gruppo di credenti, Questi ultimi avevano stretto alleanza con l’Islam e preparavano la città, poi nota come Madinah at-nabi [2]per il giorno della grande Hijrah[3] ,
Mus’ab iniziò descrivendo l’Islam e recitando il Corano. Prima ancora che Usayd potesse parlare, traspariva chiaramente dal suo volto, ora radioso e speranzoso, che la fede aveva fatto breccia nel suo cuore. Disse: “Come sono belle e vere queste parole! Cosa si deve fare per entrare in questa religione?”
“Fatti un bagno, purifica il tuo corpo e i tuoi vestiti, quindi attesta la testimonianza di Verità (la Shahâdah) ed esegui la Salât”.
Usayd lasciò brevemente l’assemblea. Al suo ritorno attestò che non vi è dio se non Allâh e che Muhammad è il Messaggero di Allâh. Eseguite quindi due prosternazioni, disse: “Dopo di me c’è un uomo che, qualora accetti di seguirti, porterà con sé tutta la sua gente. Ora lo chiamo. Si chiama Sa’d ibn Mu’âdh”
Questi si presentò e prestò ascolto a Mus’ab. Convinto e soddisfatto, dichiarò la sua sottomissione a Dio. Fu seguito da un altro influente abitante di Yathrib, Said ibn ‘Ubâdah. Non molto tempo dopo, tutta la popolazione di Yathrib era in subbuglio chiedendosi cosa stesse accadendo.
“Se Usayd ibn Khudayr, Sa’d ibn Mu’âdh e Sa’id ibn ‘Ubâdah hanno accettato la nuova religione, come possiamo non seguirli? Rechiamoci da Mus’ab e crediamo insieme a lui. Si dice che la verità emani dalle sue labbra”
Il primo ambasciatore del Profeta, la pace su di lui, ebbe quindi un grande successo. Il Profeta (pbsl) aveva compiuto la scelta giusta. Donne e uomini, giovani e anziani, potenti e deboli accettarono l’Islam dalle sue mani. Il corso della storia di Yathrib era cambiato per sempre. Era stata preparata la via per la grande Hijrah. Yathrib sarebbe presto divenuta il centro e la base del governo islamico e il centro d’espansione dell’Islam nel mondo.
Poco meno di un anno dopo il suo arrivo a Yathrib, Mus’ab tornò a Mecca nel periodo del pellegrinaggio. Lo accompagnava un gruppo di settantacinque musulmani di Yathrib. Ad al-‘Aqabah, nei pressi di Mina, incontrarono il Profeta e presero l’impegno solenne di difenderlo a tutti i costi. Se fossero rimasti saldi nella fede, disse il Profeta, la loro ricompensa sarebbe stata niente meno che il Paradiso. Questa seconda bay’ah[4] 0 patto che i musulmani di Yathrib strinsero divenne poi noto come Patto di Guerra.
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Da quel momento gli eventi si susseguirono con rapidità. Di lì a poco il Profeta (pbsl) ordinò ai suoi seguaci perseguitati di emigrare a Yathrib, dove i nuovi musulmani, o Ansâr (ausiliari), avevano dimostrato la volontà di offrire asilo e protezione ai correligionari afflitti, I primi tra i compagni del Profeta (pbsl) a giungere a Yathrib furono Mus’ab ibn ‘Umayr e il cieco ‘Abdullâh ibn Ummi Maktûm. Entrambi, secondo la testimonianza di uno degli Ansâr, recitarono il Corano per la gente di Yathrib.
Mus’ab continuò a svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione della nuova comunità. Un’altra importante situazione di cui Mus’ab fu protagonista fu la grande battaglia di Badr. Al termine dello scontro, i prigionieri di guerra Coreisciti furono portati alla presenza del Profeta (pbsl) il quale li diede in custodia a singoli
musulmani.
‘Trattateli bene” , ordinò.
Tra i prigionieri vi era Abû ‘Azîz ibn ‘Umayr, il fratello di Mus’ab. Abû ‘Azîz riferì ciò che accadde: “Mi trovavo tra un gruppo di Ansâr… Ad ogni pasto mi offrivano pane e datteri in conformità all’ordine del Profeta (pbsl) di trattarmi con rispetto.
Mio fratello, Mus’ab ibn ‘Umayr, mi passò accanto e disse all’uomo che mi teneva in custodia: “Legalo bene… Sua madre è una donna molto ricca ed è possibile che possa pagare un riscatto per la sua liberazione”. Abû ‘Azîz non poteva credere alle proprie orecchie. Stupito, si rivolse a Mus’ab e disse: “Fratello mio, è questo il tuo ordine nei miei confronti?” “Lui è mio fratello, non tu”, rispose Mus’ab, affermando in tal modo che nel dissidio tra fede e miscredenza (îmân e kufr), i vincoli religiosi erano preponderanti rispetto ai vincoli di parentela,
Alla battaglia di Uhud, il Profeta (pbsl) chiamò Mus’ab, ora noto come Mus’ab al-Khayr (il Buono), per recare lo stendardo dell’Islam. Iniziato il combattimento, i musulmani ebbero dapprima il sopravvento. Un gruppo di essi, tuttavia, disubbidendo agli ordini del Profeta, abbandonò la posizione, al che le forze dei politeisti si rianimarono e sferrarono un contrattacco. Apertisi un varco tra le forze dell’Islam, mirarono al loro obbiettivo primario: la cattura del nobile Profeta.
Mus’ab intuì il grave pericolo incombente sul Profeta. Innalzato quindi lo stendardo e proclamato il takbîr, spada alla mano si scagliò contro le forze coreiscite, Le condizioni erano assolutamente avverse.
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Un cavaliere coreiscita, avvicinatosi, gli recise la mano destra. Mus’ab fu allora udito ripetere le seguenti parole: “Muhammad non è altro che un Messaggero, altri ne vennero prima di lui”, dimostrando così che, per quanto grande fosse il suo attaccamento al Profeta, il suo sforzo era prima di tutto rivolto a Dio e a stabilire la Sua parola. Una volta troncata anche la mano sinistra, reggendo lo stendardo con i monconi delle braccia, per consolarsi continuò a ripetere: “Muhammad non è altro che un Messaggero, altri ne vennero prima di lui”. Mus’ab fu infine colpito da una lancia. Cadde e con lui lo stendardo. Le parole da lui ripetute nel corso della battaglia sono contenute del Corano
Al termine degli scontri, il Profeta (pbsl) e i suoi compagni attraversarono il campo di battaglia per accomiatarsi dai martiri. Giunti al corpo di Mus’ab, le lacrime fluirono copiose. Khabbâb riferì che non fu possibile trovare alcuna tela per avvolgere il corpo di Mus’ab se non i suoi indumenti. Coperta la testa, tuttavia, apparvero le gambe e coperte le gambe, la testa fu di nuovo esposta. 11 Profeta (pbsl) ordinò allora: “Ponete gli indumenti sul capo e coprite i piedi e le gambe con le foglie di idhkhir (ruta)”
Il Profeta (pbsl) provò profonda pena e dolore per il numero di compagni caduti durante la Battaglia di Uhud. Tra essi vi era suo zio Hamzah, il cui corpo era stato orribilmente mutilato. Ma fu al cospetto del corpo di Mus’ab che il Profeta (pbsl) provò la più profonda commozione. Gli tornò alla mente il ricordo del suo primo incontro con Mus’ab, elegante e alla moda, quindi rivolse lo sguardo alla corta tunica che costituiva l’unxco indumento rimastogli e recitò il seguente versetto del Corano:
“Tra i credenti ci sono uomini che sono stati fedeli al patto che avevano stretto con Allah”. 7
Il Profeta (pbsl) levò quindi lo sguardo sul campo di battaglia sul quale giacevano i compagni caduti di Mus i ab e disse:
“Il Messaggero di Dio testimonia che sarete dei martiri agli occhi di Dio nel Giorno del Giudizio”
III, 144 : “Muhammad non è altro che un messaggero, altri ne vennero prima di lui; se morisse o se fosse ucciso, ritornereste sui vostri passi? Chi ritornerà sui suoi passi, non danneggerà Allah in nulla e ben presto, Allah compenserà i riconoscenti’ (ndt). XXXIII, 23 (ndt).
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Quindi, rivolgendosi ai compagni che gli erano accanto, dis
“O gente! Fate loro visita e invocate la pace su di loro perché, p Colui nella Cui Mano è la mia anima, a qualunque musulmax invochi la pace su di loro fino al giorno del Qiyâmah, es ritorneranno il saluto di pace”.
As-salâmu ‘alayka yâ Mus iab
As-salâmu ‘alaykum, ma ‘shar: ash-shuhadâ’
As-salâmu ‘alaykum wa rahmatullâ wa barakâthu.
Pace su di te, o Mus’ab
Pace su di voi, o martiri …
Pace su di voi e la misericordia e le benedizioni di Dio.
[1] La salât è la preghiera rituale dei musulmani, il secondo pilastro dell ‘islam, d’ora in poi per maggiore attinenza alla specificità del testo la renderemo sempre con il termine tradizionale (vedi glossario).
[2] La città del Profeta
[3] Emigrazione, v. glossario
[4] Il primo patto di al- ‘Aqabah era stato stretto l’anno precedente, nel 621 dell’era volgare.