3. حذيفة بن اليمان – Hudhayfah ibn al-Yamån

3. حذيفة بن اليمان – Hudhayfah ibn al-Yamån

Hudhayfah ibn al-Yamân

“Se lo desideri puoi considerarti uno dei Muhàjir (emigranti), oppure uno degli Ansàr (ausiliari medinesi). Scegli ciò che ti ò più caro”.

Con queste parole, il Profeta, la pace sit di lui, si rivolse a Hudhayfah ibn al-Yamàn rrel corso del loro priino incontro a Mecca. Come accadde che Hudhayfah fu posto di fronte a tale scelta?

Suo padre, al-Yamăn, era un Meccano della tribù degli “Abs. Avendo ucciso un uomo era stato costretto ad abbandonare Mecca. Si era quindi trasferito a Yathrib, dove era divenuto un alleato (ùalî/ dei Banù ‘Abd al-Ash-hal, avendo sposato ma donna della tribù. Gli nacque un figlio che venue chiamato Hudha.yfah. Quando le restrizioni relative alia sua permanenza a Mecca furono levate, divíse il suo tempo tra Mecca e Yathrib per quanto spendesse la maggioi parte delle sue giornate in quest’u1tima città, cui era maggiormente legato.

Per tale ragione, Hudhayfah fu per nascita meccano e per educazione medinense. Quando i raggí dell’Islam comincìarono ad irradiarsi sulla penisola arabica, una delegazione della tribu degli ‘Abs, che includeva al-Yaman, si recò da1 Profeta e annunciò la sua accettazione del1’Is1am. Cíò accadde prima che il Profeta emigrasse a Yathrib.

Hudhayfah crebbe in una casa musulmana e fu educato sia dalla madre clue dat padre, i quali erano stati tra i primi a entrare nella religione di Dio a Yathrib. Divenne quindi musulmano prima di avere incontrato il Profeta, la face su di lui.

Hudhayfah bramava di incontrare il Profeta. Fin dai suoi primi anni era solito seguire con passione ogni notizia che lo riguardasse. E piu lo conosceva, piu íl suo affetto per il Profeta cresceva e così il suo desiderio di incontrarlo.

Si diresse infine a Mecca, incontrò il Profeta e gli pose la questione:

“Sono un Muhàjir o sono un Ansàr, o Rasùlullàh?”

“Se lo desideri puoi considerarti uno dei Muhàjirin, oppure uno degli Ansàr. Scegli ciò che ti ò più caro”, rispose il Profeta.

“Bene, sono un Ansàr allora”, decise Hudhayfah.

A Medina, dopo la Hijrah, Hudhayfah fu assai vicino a1 Messaggero di Dio. Partecipò a tutte le campagne militari salvo che a Badr, in quanto:

“NON Avrei m.qncatO a Badr se io e mio padre ci fossimo trovati a Mecca. I miscredenti Coreisciti ci incontrarono e ci chiesero dove fossimo diretti. Rispondemmo che eravamo diretti a Medina, allora ci domandarono       se      intendessimo      incontrare     Muharrimad. Noi insistemmo che intendevamo solo recarsi a Medina. Ci permisero proseguire solo dopo averci estorto un impegno a non prestare aiuto a Muhammad contro di loro e di non combattere al suo fianco.

Riunitici al Profeta gli raccontammo dell’impegno preso nei confronti dei Coreisciti e gli chiedemmo che cosa avremmo dovuto fare. Ci disse che avremmo dovuto onorare il nostro impegno e cercare l’aiuto di Dio contro di loro”.

Hudhayfah prese parte alla battaglia di Uhud insieme a suo padre e dovette affontare una forte pressione, ma riuscì ad assolvere al suo compito e a rimanere illeso. Un destino assai diverso attendeva tuttavia suo padre.

Prima della battaglia, il Profeta aveva lasciato al-Yamàn e Thàbit ibn Waqsh con gli altri non combattenti, tra cui le donne e i bambini. Ciò in ragione della loro età avanzata. All’inasprirsi deg1′ scontri, al-Yamàn disse al suo amico:

“Tu      non      hai     un      padre     (intendendo      che     non ave›-a preoccupazioni). Che cosa stiamo aspettando? Non ci resta che pocc tempo da vivere. Perchó non impugnamo le nostre spade e ci uniam al Messaggero di Dio, la pace su di lui? Forse Dio ci benedirà con ì’ martirio a fianco del Suo Profeta”.

Apprestatisi per la battaglia si gettarono nel cuore dei combattimenti. Thàbit ibn Waqsh fu benedetto con la shaliódah (martirio, lett. Testimonianza) per mano dei politeisti. Il padre di Hudhayfah, tutta»ia, fu attaccato da alcuni musulmani che non lo avevano riconosciuto. Mentre lo assalivano, Hudhayfah gridò:

“Mio padre! Mio Padre! È mio padre!”

Nessuno lo udì. L’anziano cadde ucciso per errore dalle spade dei suoi fratelli nella fede. A costoro, gravatl dalla pena e dal rimorso, Hudhayfah, nonostante la sua pena, disse:

“Che Dio vi perdoni poiché è il più Misericordioso di coloro che hanno misericordia”.

Il Profeta, la pace su di lui, volle che una diyah (risarcimento) fosse pagata ad Hudhayfah per la morte di suo padre, ma questi dlsse:

“Stava solo cercando la shahódah e l’laa ottenuta. O Signore, sii testimone del fatto che dono il risarcimento per lui ai musulmani”.

Per questo suo comportamento, il rango di Hudhayfah si elevò agli occhi del Profeta, la pace su di lui. Hitdhayfah aveva tre qualità di cui il Profeta era particolarmente impressionato: un’inte1ligenza unica di cui si avvaleva per risolvere situazioni difficili; una prontezza e spontaneità che gli consentivano di rispondere rapidamente a ogni invito all’azione e la capacità di mantenere un segreto anche se sottoposto al più intenso degli interrogatori.

Una politica ragguardevole del Profeta consisteva ne1 lare emergere e utilizzare le specifiche qualità e i punti di forza di ciascuno dei suoi compari. Nell’avva!ersi dei suoi uomini, si assicurava di scegliere la persona appropriata per un compito determinato. A ciò si attemne con grande vantaggio nel caso di Hudhayfah.

Uno dei più gravi problemi dei musulmani di Medina era la presenza in mezzo a loro degli ipocriti (muuò/iqùn), in particolare tra gli ebrei e i loro alleati. Sebbene molti di loro avessero dichiaratO là loro  accettazione  de1l’Is1am,  il  cambiamento  era  stato  solo

superficiale e non avevano cessato di complottare e intrigare contro il Profeta e i musulmani.

Per la sua capacità di mantenere un segreto, il Profeta, la pace su di lui, confidò a Hudhayfah i nomi degli ipocriti. Si trattava di un segreto gravoso che il Profeta non aveva rivelato ad alcuno dei compagni. Aflidò dunque a Hudhayfah il compito di osservare i movimenti degli ipocriti, di seguirne le attività e di prOteggere i musulmani dal sinistro pericolo che rappresentavano. Era una tremenda responsabilità. I inunàfiqùn, dal momento che agivano in segreto e conoscevano tutti gli sviluppi e i piani dall’interno, rappresentavano per la comunità un pericolo ben maggiore de1l’aperta ostilità dei miscredenti.

Da quel momento, Hudhayfah fu chiamato “il custode dei segreti del Messaggero di Dio”. Nel corso della sua intera esistenza egli rimase fedele a1 suo giuramento di non rivelare i nomi degli ipocriti. Dopo la morte del Profeta, il califfo si recò spesso da lui per chiedergli consiglio riguardo ai loro movimenti e alle loro attività, ma rimase sempre riservato e cauto.

Umar fu in grado soltanto di scoprire indirettamente chi fossero gli ipociJti. Alla morte di un musulmano, Umar soleva chiedere:

“Fludhayfah ha atteso aIl’orazione funebre?”

Se la risposta era affermativa, eseguiva la preghiera. In caso contrario, diveniva dubbioso riguardo alla persona e si asteneva dal compiere l’orazione per lui.

Una volta, ’Umar chiese a Hudhayfah:

“Tra i miei governatori c’è forse uno degli ipocriti?” “Uno”, rispose Hudhayfah.

“Indicamelo”, ordinò ’Umar.

‘ Questo non lo posso fare’ , insistette Hudhayfah, il quale affermò poi che, poco dopo la loro conversazione, ‘Umar rimosse la persona in questione come se fosse stato guidato verso di lei.

Il Profeta, la pace su di lui, si avvalse diverse volte delle special qualità di Hudhayfah. Una delle più rivelatrici fu in occasione della

battaglia del Fossato, dove la sua intelligenza e presenza di spirito vennero messe alla prova. In que1l’occasione, i musulmani erano stati accerchiati dal nemico. L’assedio cui erano sottoposti si trascinava aggiavando il patimento dei musulmani, i quali avevano praticamente compiuto ogni sforzo ed erano esausti. Talmente intenso era stato il logorio che alcuni avevano addirittura cominciato a disPeraie.

I Coreisciti e i loro alleati, nel frattempo, non versavano in

condizioni migliori. La loro forza e determinazione erano state Staccate. Un vento violento aveva rovesciato le loro tende, estinto i loro fuochi e bersagliato i loro volti e i loro occhi con tattiche di sabbia e polvere.

In questi momenti decisivi, come la storia militare insegna, la fazione destinata a perdere è quella che dispera per prima, mentre la vittoria arride a quella in grado di resistere più a lungo. Il ruolo del servizio informazioni in tali frangenti si dimostra spesso un fattore cruciale nel determinare l’esito di una battaglia.

In tale fase della scontro, il Profeta, la pace su di lui, seppe avvalersi dello speciale talento ed esperienza di Hudhayfah ibn al- Yamàn. Decise allora di inviare Hudhayfah nel mezzo delle postazioni nemiche in piena notte per iiportargli informazioni sulla situazione e il morale del nemico prima di decidere la mossa successiva.

Lasciamo ora a Hudhayfah il racconto di ciò che avvenne durante ctuella rischiosa missione:

”Quella notte era amo tutti seduti in ranghi. Abù Sufyan e i suoi uomini — i pagani di Mecca — eiatio accampati di fronte a noi. La tribù dei Babu Qurayzah si trovava alle nostre spalle e noi eravamo preoccupati per le nostre mogli e i figli. La notte era buia come la pece. Non vi era mai stata una notte così oscura ne’ un vento tanto forte. Faceva talmente buio che non si potevano vedere le proprie dita e le raffiche di vento erano come rombi di tuono.

Gli ipocriti cominciarono a chiedere al Profeta il permesso di andare, dicendo: ‘Le nostre case sono esposte al nemico’. A chiunque

 

avanzò tale richiesta fu concesso di andare. Molti altri abbandonarono le posizioni di soppiatto fino a che non rimanemmo in trecento.

Il Profeta iniziò allora un giro d’ispezione passando dall’uno al1’altro fino a che non mi raggiunse. Non avevo nulla per proteggermi dal freddo se non un panno che apparteneva a mia moglie il quale a malapena mi copriva le ginocchia. Mi si avvicinò mentre piacevo rannicchiato al suolo e mi chiese:

‘Chi sei?’ ‘Hudhayfah’, risposi.

‘Hudhayfah?’, chiese, mentre mi rannicchiavo ancor più sul terreno, nel timore che, alzandomi, la fame e la sete si facessero ancora più intense.

‘Si, o Messaggero di Dio’, risposi.

‘Sta accadendo qualcosa tra le persone (intendendo le forze di Abù Sufyàn). Infiltrati nel loro accampamento e recami notizie di cio che succede’, ordinò il Profeta.

Mi misi in movimento. In quel momento ero la persona più terrorizzata e provavo un freddo terribile. Il Profeta, la pace su di ltri pfegÓ:

‘0 Signore, proteggilo davanti e dietro, alla sua destra e alla sua sinistra, sopra e sotto’.

Per Dio, non appena il Profeta, la pace su di lui, termini 1’invocazione Dio rimosse dal mio stomaco ogni traccia di timore e dal mio corpo il freddo estenuante. Mentre stavo per mettermi iii marcia, il Profeta mi chiamò e disse:

‘Hudhayfah, non fare nulla mentre ti trovi tra la gente (delle forze avversarie), per nessuna ragione, fino a quando non avrai fatte ritorno da me’.

‘Sì’, risposi.

Mi misi in cammino, facendomi strada col favore delle tenebie fino a che non penetrai all’interno del campo dei mushiiki“n e divenn. come uno di loro. Poco tempo dopo, Abu Sufyàn, levatosi in piedi, s. rivolse ai suoi uomini dicendo:

 

 

‘O Coreisciti, mi appresto a dirvi una cosa che temo possa raggiungere Muhammad. Ognuno di voi, quindi, si guardi intorno e si assicuri di chi gli stia seduto accanto…’

All’udire queste parole, presi immediatamente la mano de11’uomo che mi stava vicino e chiesi: ‘Chi sei?’ (mettendolo così sulla difensiva e chiarendo la mia posizione).

Abu Sufyan proseguì:

‘O Coreisciti, per Dio, voi non vi trovate in un posto sicuro. I nostri cavalli e i nostri cammelli sono periti. I Banù Qurayzah ci hanno abbandonato e abbiamo ricevuto spiacevoli notizie riguardo a loro. Siamo slerzati da questo vento gelido e impetuoso. I nostri fuochi con ci illumiriario e le nostre tende sradicate non ci offrono protezione. Muoviamoci, quindi. Io, per quanto mi riguarda, me ne vado’.

Si diresse al suo cammello, lo slegò e vi montò. Quindi slerzÒ l’animale il quale si levò in posizione eretta. Se il Messaggero di Dio non mi avesse ordinato di non agire fino al mio ritorno, avrei ucciso Abu Sufyàn con una treccia.

Tornai dal Profeta e lo trovai intento alla Salat su un panno. Quando mi riconobbe, mi fece avvicinare alle sue gambe e mi coprì con una delle estremità de1 panno. Lo informai di quanto era accaduto e ne fu estremamente contento e felice e rese allOra grazie a Dio”.

 

‘Hudhayfah visse costantemente nel timore del male e delle influenze corruttrici. Sentì che la bontà e le fonti del bene in questa vita erano facili da riconoscere per chi desiderava il bene. Ma il male era spesso ingannevole e difficile da percepire e combattere.

Divenne una sorta di grande filosofo morale. Invitava costantemente a slorzarsi contro il male con tutte le for ze a disposizione, con il cuore, le mani e la lingua. Di coloro che si ergevano contro il male unicamente con il cuore e la lingua, ma non con le mani, pensava che avessero abbandonato una parte della verità. Di quanti odiavano il male solo nei cuori ma non lo combattevano  né con la lingua ne con le mani diceva che

 

 

rinunciavano a due parti della verità, mentre di coloro che non detestavano il male, nó lo affrontavano con i loro cuori, IN IORO lingua e le loro mani, pensava che fossero fisicamente vivi ina moralmente morti.

 

Parlando dei ‘cuori’ e della loro relazione con la guida e l’errore, disse:

“Vi sono quattro tipi di cuoTi.

Il cuore che ò chiuso o atrofizzato. Questo ò il cuore del kàfìr, e miscredente ingrato.

Il cuore che e formato in strati sottili. Questo è il cuore deì

munàfiq o ipocrita.

Il cuore che è aperto e nudo dal quale irradia un luce risplendente. Questo è il cuore del mn mtu, o del credente.

Vi ó infine un cuore in cui si trovano sia l’ipocrisia che la fede. La fede ò come un albero che cresce rigoglioso con l’acqua buona, mentre 1 ipocrisia e come un ascesso che prospera con il pus e d sangue. Quello dei due che ha un maggior sviluppo, sia l’albero della fede o l’accesso de11’ipocrisia, ottiene il controllo del cuore”.

L’esperienza di Hudhayfah con l’ipocrisia e i suoi sforzi per combatterla diedero un tocco di asprezza e severità alla sua lingua. Lui stesso, avendolo compreso, lo ammise con nobile coraggio:

“Mi recai dal Profeta, la pace su di mi, e dissi: ‘O Messaggoro ‹ìi Dio, ho una lingua aspra e tagliente nei confronti della mia famiglia e temo che questo mi condurr à nel fuoco de1l’Inferno . Il Profeta, li pace su di lui, mi disse allora: ’Qual ò la tua posizione riguardri all’istig Jór richiesta di perdono rivolta ad Allfih? Io chiedo perdona ad Allàh cento volte al giorno”’.

 

Non ci si aspetta che un uomo meditabondo come Hudhayf@. devoto al pensiero, alla conoscenza e alla riflessione, possa compiere atti di eroismo sul campo di battaglia. Hudhayfah, tuttavia, sì dimostrò uno dei più eminenti comandanti militari musulmani nella marcia di espansione del1’Islam in ‘Iràc{. Si distinse ad Hamadhùn, ai-Rayy, ad-Daynawar e nella famosa battaglia di Nihfiwand.

 

In vista della battaglia di Nihfiwand contro l’esercito persiano, Hudhayfah fu posto da ‘Umar come secondo in comando di un esercito che contava oltre trentainila uomini. Le forze persiane era superiori in numero di cinque a uno, annoverando ben centocinquantamila uomini. Il primo comandante de1l’esercito musulmano, an-Nu‘màn ibn Maqian, cadde presto ne1 corso della battaglia. Il secondo in comando, Hudhayfah, si prese cura della situazione, dando l’ordine che la morte del comandante non fosse annunciata. Sotto la guida coraggiosa e ispiratrice di Hudhayfah, i musulmani vinsero una battaglia decisiva nonostante la tremenda disparità delle forze in campo.

Hudhayfah fu nominato governatore di luoghi importanti quali I4ùfà e Ctesifonte (al-Madà’in). Quando la notizia della sua nomina a governatore della città giunse agli abitanti di Ctesifonte, la gente scese in strada in folla per incontrare e accogliere questo famoso compagno de1 Profeta della cui pietà e rettitudine avevano tanto sentito parlare. Il suo grande ruolo nella conquista della Fersia era già una leggenda.

Mentre il comitato incaricato di riceveilo era in attesa, un uomo smilzo, quasi scheletrico, in groppa a un asino da cui lasciava penzolare i piedi si fece avanti. In una mano temeva del pane con del sale che mangiava avanzando. Quando il viandante fu quasi in mezzo a loro capirono che si trattava di Hudhayfah, il governatore di cui erano in attesa. Non riuscirono a contenere la sorpresa. Che genere d’uomo era questo! Il mancato riconoscimento può essere tuttavia scusato per il fatto che gli abitanti della città erano usi allo stile, alla pompa e alla magnificenza dei governatori persiani.

Hudhayfah avanzò e la gente gli si affollò intorno. Si avvide allora che si aspettavano che parlasse, al che gettò uno sguardo indagatore per scrutare i loro volti. Infine, disse:

“Attenti ai luoghi della/itnnh e dell intrigo”.

“E quali sono”, chiesero essi, “i luoghi de1l’intrigo?” Rispose:

“Le porte dei governatori a cui alcune persone si rivolgono tentando di indurli a credere alle menzogne e a cui rivolgono lodi per delle qualità che non posseggono”.

Con queste parole, la gente fu preparata a cosa attendersi dal nuovo governatore. Seppero allora che non vi era nulla al mondo che egli disprezzasse più del1’ipocrisia.